Tra il 23 e il 30 luglio 1983, lo Sri Lanka visse uno dei suoi momenti più tragici: il “Luglio Nero”, un pogrom pianificato contro la popolazione tamil. In quella settimana di terrore, oltre 3’000 tamil furono massacrati, più di 8’000 case distrutte e oltre 5’000 negozi tamil dati alle fiamme. Più di 150’000 persone furono sfollate, molte delle quali costrette a fuggire all’estero per sopravvivere.
Questi pogrom non furono episodi spontanei di violenza etnica. Le prove storiche e le testimonianze dirette mostrano chiaramente il coinvolgimento diretto e la complicità del governo cingalese e delle forze statali, che organizzarono, incitarono e permisero la distruzione mirata di vite e proprietà tamil. Le liste degli indirizzi tamil furono distribuite alla folla, mentre la polizia osservava in silenzio – o peggio, partecipava attivamente agli attacchi.
La vera natura della politica governativa fu confermata dalle parole stesse del presidente J. R. Jayewardene, che dichiarò al Daily Telegraph l’11 luglio 1983:
“I am not worried about the opinion of the Jaffna people… now we cannot think of them, not about their lives or their opinion… the more you put pressure in the north, the happier the Sinhala people will be here… Really if I starve the Tamils out, the Sinhala people will be happy.”
Queste parole ciniche rivelano una strategia deliberata di oppressione e pulizia etnica. Il Luglio Nero non fu un errore del passato, ma parte di una campagna sistematica di genocidio contro il popolo tamil.
Le vittime furono bruciate vive, le case distrutte, i negozi saccheggiati. Nessuno fu risparmiato: donne, bambini e anziani furono tutti bersagli di una ferocia inaudita.
Questo massacro non fu un episodio isolato, ma l’espressione più evidente di una lunga campagna di discriminazione, repressione e pulizia etnica contro il popolo tamil, che continua – sotto varie forme – ancora oggi.
Ricordare il Luglio Nero non è solo un dovere della memoria, ma un atto politico: è denunciare un genocidio impunito e dare voce a un popolo che da decenni chiede giustizia, autodeterminazione e dignità.